Difensore Clinico

Trasfusioni dedicate per i non vaccinati

Ricevere sangue da donatore scelto non vaccinato è oggi possibile e fattibile!

La trasfusione dedicata è una grande vittoria per coloro che hanno resistito all’obbligo vaccinale e che oggi intendono autodeterminare le proprie scelte di salute!

Ma come fare? Dat, diffide e denunce si sono rivelati strumenti dispendiosi e inefficaci! Esigere questo diritto, in realtà, è molto semplice con imodulo di dissenso informato e il patto di alleanza terapeutica che puoi:

  1. scaricare (cliccando sul testo) e stampare,
  2. compilare con i tuoi dati e con quelli del direttore sanitario dell’ospedale dove andrai,
  3. consegnarli, in fase di pre-ricovero, al medico che ti prenderà in cura.

Il modulo di dissenso informato contiene le ragioni del tuo dissenso a ricevere la trasfusione convenzionale, è firmato da te e va a integrare il più celebre modulo di consenso informato, il documento che dovrebbe informarvi sui rischi e sui benefici di qualsiasi trattamento sanitario, ma che quasi mai lo fa chiaramente, come dice QUI Francesco Capo.

Il patto di alleanza terapeutica contiene i suggerimenti per protocolli alternativi alla trasfusione, compreso la trasfusione dedicata, è redatto e firmato dal Difensore Clinico per garantire il diritto di autodeterminare le scelte di salute.

Quando hai notificato al medico questi documenti si apre la trattativa, che ti consigliamo di condurre seguendo queste 3 semplici indicazioni:

Se non hai un donatore compatibile col tuo gruppo sanguigno, puoi attingere alla nostra lista dei 100 donatori con la quale facciamo incontrare donatore e ricevente per realizzare la trasfusione dedicata, come abbiamo fatto all’ospedale de L’Aquila.

Qui la testimonianza di Barbara, donatrice iscritta alla lista dei 100 donatori, che all’ospedale de L’ Aquila ha donato il suo sangue e realizzato la trasfusione dedicata per la signora Anita.

Piacere di conoscerti

Sono il Dott.
Raffaele Varvara

conosciuto anche come “Curante Raffaele“.

Sono un infermiere con una laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche, e ho conseguito un dottorato presso l’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici.

Durante l’emergenza Covid, ho prestato servizio nei reparti degli ospedali milanesi e sono stato uno dei primi a parlare apertamente di ciò che accadeva nelle corsie, girando le piazze d’Italia e intervenendo nei canali di informazione indipendente.

Nell’ottobre del 2020, mi è stato tolto il lavoro per aver permesso a una figlia di dare l’ultimo saluto alla sua mamma in fin di vita, in un momento in cui i protocolli vietavano le visite dei parenti. Quel licenziamento, però, è stato dichiarato illegittimo dal giudice del lavoro, e ho vinto la causa.

Quello che facevo in corsia, ovvero difendere i diritti dei miei pazienti e garantire loro cure umane e rispettose, mi è costato il posto di lavoro. Oggi, continuo a farlo al di fuori dell’ospedale, nelle mie nuove vesti di difensore clinico.

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